di Andrea Pancalletti (Il Cuore della Città – Edizioni Rotary Club Tolentino, 1993)
Ireneo Aleandri nasce a San Severino Marche il 5 maggio 1795, segue gli studi superiori fino ad ottenere, nel 1820, l’attestato dell’Accademia di San Luca a Roma, comprovante il buon profitto e “l’irreprensibile condotta”.
A partire da questa data, fino al 1833, quando si trasferirà a Spoleto, il giovane architetto opera nelle Marche ed in particolare a San Severino dove, favorito dal conte Severino Servanzi Collio, realizzerà un programma di rinnovamento architettonico ed urbanistico.
La sua architettura si forma alla luce dei principi neoclassici; attraverso la matrice compositiva classica, la progettazione avviene per criteri funzionali; egli osserva con particolare attenzione la realtà storica, geografica, topografica e culturale in cui si trova ad operare, giungendo ad elaborare un linguaggio originale, espressione di una società aristocratica ed insieme popolare.
La Porta Romana (1819), il progetto per la cappella del SS. Sacramento nella chiesa di S. Agostino (1821), il Palazzo Margarucci (1822), la Fonte della Misericordia (1822), il Teatro Feronia (1823), il Tempio di San Paolo fuori le mura (1828), la Chiesetta di San Michele (1830), la Torre della Misericordia (1832), vogliono rappresentare la città attraverso l’uso di specifiche tipologie architettoniche, novità della cultura neoclassica, poste lungo l’asse funzionale che inizia da Porta Romana e attraverso via Salimbeni, via Nazario Sauro e via Garibaldi, conduce in Piazza Maggiore, dove l’insieme dei palazzi pubblici e privati offre l’immagine della nuova rappresentatività economica, politica e sociale della città.
In un secondo tempo l’Aleandri tornerà a lavorare nella propria città con la chiesa di Santa Maria delle Grazie (1842) e il cimitero urbano di San Michele (1859).
La torre dell’Orologio, posta a conclusione del percorso urbano che anticamente tagliava in due la Piazza Maggiore, è un’architettura propriamente rappresentativa, interamente sviluppata nel piano verticale dello spazio. La piazza si prolunga virtualmente oltre il campanile a vela, posto in alto, a conclusione della sobria ed elegante facciata, per rappresentare con chiarezza la corrispondenza profonda che esiste tra città e campagna, tra spazio urbano e paesaggio.
La Torre dell’Orologio, con l’unico fornice che conduce nella Chiesa della Misericordia, incornicia il precedente ingresso con il portale seicentesco in pietra di gesso.
Similmente nella Torre di San Lorenzo, all’arco gotico segue il bel portale in calcare bianco, testimonianza della Basilica costruita nel VI secolo dai monaci Basiliani su di un antico tempio pagano. In entrambi i casi, alla funzione principale di scandire e far risuonare intorno il passare del tempo, l’architettura accompagna la registrazione e la documentazione della propria memoria storica, salvaguardando ed integrando le preesistenze nel successivo intervento che, nel caso dell’Aleandri, si lega alla precedente Torre di San Lorenzo, per citare e riproporre il valore dell’antica architettura nella piazza, spazio della nuova rappresentazione urbana.
L’Aleandri non abolisce la dimensione e il valore temporale del luogo; egli mostra la forma del tempo e pone il proprio intervento in dialettica con le architetture che hanno precedentemente segnato il sito ed ora partecipano alla complessità di una nuova sintesi formale.