“Opera a tutti gl’ingegni perspicaci e curiosi necessaria, ove ciascun studioso di Philosophia, Prospectiva, Pictura, Scultura, Architectura, Musica e altre Mathematice, suavissima sottile e admirabile doctrina consequirà e delectarassi co’ varie questione de secretissima scientia”
Villa Luzi Tinti, poi Caglini ora Pancalletti, per quanto all’esterno possa apparire una costruzione semplice e per di più anonima, mostra uno stretto rapporto di interrelazione tra il manufatto, il parco e la natura circostante. Il carattere femminile dell’opera viene rivelato dalla semplice prevalenza di linee orizzontali e dal contesto quasi nascosto, segreto, racchiuso dalla cinta di pini marittimi secolari, a dominare uno splendido paesaggio urbano con il borgo in primo piano, in alto il castello con le sue torri e le montagne tutto in giro. Le indovinate proporzioni, la sicurezza con la quale sono state scelte le altezze dei piani e sono state distribuite le singole aperture lasciano supporre la mano di una forte personalità. Considerando il forte legame di stima ed amicizia tra il marchese Niccola Luzi e l’architetto Ireneo Aleandri, non si può escludere completamente l’attribuzione dell’opera allo stesso, con datazione successiva al 1843, anno della morte della marchesa Marianna Tinti Luzi.
Villa Luzi Tinti a Fontenuova oggi viene, talvolta, identificata con il toponimo designato dal nome della famiglia Caglini, la quale acquisì in proprietà la villa verso la fine dell’800 e la mantenne fino al 1987 quando la stessa venne acquistata dalla famiglia Pancalletti.
Nel 1992, il Prof. Franco Barbieri dell’Università di Milano, accompagnato dal Prof. Gualberto Piangatelli, mentre cercava di arrivare a Villa Collio scoprì casualmente questa villa dal carattere privato, quasi segreto. Più tardi, nel saggio “Le ville nel Maceratese: tracce per un percorso storico”, l’edificio viene definito “….un oggetto dalla stereometria di straordinaria purezza, un nudo parallelepipedo diviso in tre piani da fasce marcapiano…..dovunque, sullo sfondo, uno splendido paesaggio: S. Severino davanti , e le montagne tutto in giro….la quintessenza della villa maceratese…..Questa scoperta…..decisiva per capire cosa sia stata, specialmente tra ‘700 e ‘800, la costruzione di villa nel Maceratese…..Questa architettura presenta tale accortezza di misure, tale armonia di proporzioni da ricordare, si licet, lo spirito che informa l’abside milanese del Bramante….”
La sua stessa storia ha segnato questa architettura “celata” e ha perso, pur trattandosi di una costruzione pregevole, la memoria delle sue origini: resta anonimo l’architetto che l’ha progettata e, se non comparissero poche righe di descrizione a conclusione del capitolo dedicato a Villa Collio, né “Il Forastiere in Sanseverino” di Domenico Valentini, pubblicato nel 1868, non sapremmo neanche il nome del committente: “Lì presso il nobile signor Niccola cav. Luzi marchese di Votalarca aprì, non ha guari, un ampio stradone ombreggiato di pini, e di altre piante esotiche, per accedere ad un nuovo Casino da Lui fabbricato in vicinanza della città, avendone altro assai decoroso, con annessa Villa, lungo la via Settempedana, marchesato di sua famiglia, nella giurisdizione di Treja.”
Le perfette proporzioni dell’edificio richiamano il famoso testo di Luca Pacioli “De Divina Proportione”, pubblicato a Venezia nel 1498, con la canonizzazione dell’uso della sezione aurea affinchè un oggetto sia considerato bello e proporzionato secondo la seguente definizione “Si dice che una retta è divisa in media ed estrema ragione quando la lunghezza della linea totale sta a quella della parte maggiore come quella della parte maggiore sta a quella minore”.